Patrimonio immateriale di Premana

Trerè

La sera del 5 Gennaio di ogni anno, vigilia dell’Epifania, Premana rivive il rito della Stella.
Si tratta di una processione guidata da tre giovani a cavallo, tre coscritti dell’anno, che, travestiti da re magi, percorrono le vie del borgo secondo un itinerario tradizionale.
La vestizione avviene nei locali di un albergo ai margini del paese, dove vengono lasciati in custodia per il resto dell’anno vestititi e trucchi. E’ un momento molto partecipato, soprattutto dai giovani. Le ragazze truccano e vestono gli uomini loro coetanei e se stesse a turno. Il trucco è accuratissimo. Gli uomini vengono truccati con colori e tratti femminili, utilizzando fondo tinta, matite per gli occhi e rossetti.
Dei tre magi uno ha la faccia dipinta di nero (Baldassarre), una parrucca castano scuro e una corona argentata di forma conica sulla testa. Agli altri due (Melchiorre e Gaspare), dopo il trucco, viene messa una parrucca bionda, con lunghi boccoli che toccano le spalle e due corone dorate. I tre indossano un lungo mantello di velluto, uno rosso, uno blu e uno dorato.


Ragazzi e ragazze che formano il corteo si travestono da “arabi”: scuriscono la pelle con un po’ di trucco e indossano tuniche bianche e velo tenuto fermo sulla testa da un cordoncino alla maniera araba. Un piccolo gruppo tra questi guida il corteo. Un ragazzo regge un bastone sul quale è fissata la stella cometa, costruita con una struttura metallica e ricoperta di stoffa, che viene illuminata dall’interno. In passato la stella era di carta e a portarla era un bambino.
A breve distanza dalla stella seguono i tre re a cavallo, uno in fila all’altro, e il resto del corteo.
Il corteo si ferma in punti prestabiliti, davanti a case a cui si intende rendere omaggio, e ad ogni tappa intona alcune strofe del Canto dei Tre Re, che rievoca la storia dei Magi venuti in adorazione di Gesù bambino. Il termine del corteo è nella piazza della Chiesa Parrocchiale dove viene allestito un presepe vivente. Arrivati davanti alla capanna di Gesù i Magi e tutto il corteo intonano le ultime strofe del canto.
Il canto viene ripetuto interamente in Chiesa la sera dell’Epifania, con grande affluenza di fedeli.
Attraverso il canto tutti gli spettatori assumono il ruolo di protagonisti. Alle voci dei tre Re si uniscono le centinaia di voci dei partecipanti, che affollano gli stretti vicoli del borgo. A cantare è il paese intero, immobile, con lo sguardo rivolto verso i re magi. Alcuni leggono il testo, scritto su fogli di carta.

APPRENDIMENTO E TRASMISSIONE

La comunità premanese, perfettamente cosciente del valore della sua tradizione, la protegge e la perpetra grazie a forti legami interni.
Del tutto ininfluente o quasi sulla dinamica dei rituali è la partecipazione di persone esterne alla comunità e l’interesse dei ricercatori.

COMUNITÀ

Ruolo fondamentale nell’organizzazione del rituale viene svolto dai coscritti (con questo termine si intende indicare i giovani nati nello stesso anno che raggiungono l’età matura). Tra di loro infatti vengono scelti i tre ragazzi che interpretano i magi e sempre a loro è affidata tutta la preparazione della processione. Il corteo è costituito in gran parte da giovani di ambo i sessi, che tramandano le conoscenze alla generazione successiva.
Nel rituale della Stella tutta la popolazione riveste comunque un ruolo attivo, in particolare nella partecipatissima esecuzione del canto dei Tre Re.
Premana è saldamente riunita intorno alla sua tradizione. Il ciclo di rituali che accompagna il paese durante tutto l’anno è il perno che riunisce in un legame molto stretto istituzioni politiche e religiose, società civile e tutta la comunità.
Il ciclo annuale della ritualità è molto organizzato, coinvolge soprattutto i giovani e rappresenta un forte mezzo di controllo sociale.
Queste caratteristiche di coesione della comunità e di concentrazione attorno alle pratiche rituali fanno di Premana un caso unico in tutto l’arco alpino.

La cacciata di gennaio

La sera del 31 Gennaio di ogni anno a Premana si accende un falò per scacciare l’inverno.
I protagonisti della festa sono i bambini, che cominciano giorni prima a preparare ciascuno un proprio pupazzo che verrà bruciato la sera della festa. I pupazzi sono imbottiti con carta o paglia, i tratti del viso dipinti o ricamati e i vestiti cuciti a mano. Sono abiti di stoffa, da uomo e da donna, che ciascuno assembla in forma e colore secondo il proprio gusto. Ad alcuni viene messa una bretella, in modo che possano essere portati sula schiena dei bambini come degli zainetti.
La festa inizia nel tardo pomeriggio, quando dalle case del paese cominciano ad uscire i bambini riuniti in gruppetti e gli adulti che li accompagnano. Alcuni bambini portano sulla schiena il proprio pupazzo e hanno in mano campanacci, che agitano per farli suonare, trombette o barattoli di latta legati in fila da una corda che si trascinano lungo tutto il percorso. Tutti si dirigono verso la chiesa.
Alle 18 viene celebrata la Messa, nella chiesa parrocchiale. La celebrazione è piena di bambini e la predica si rivolge a loro.
Al termine della Messa, il sagrato della chiesa si riempie di famiglie in festa che agitano le campane per fare rumore. Qui un adulto regge un fantoccio più grande, il fantoccio del gennaio. Parte un corteo partecipato e rumoroso che percorre le vie del paese per poi far ritorno al campo sportivo dell’oratorio, dietro alla chiesa parrocchiale, dove viene preparato il falò.


Al centro del campo, un barile di metallo riempito di legna e cenere. I bambini scherzano, si rincorrono, giocano. Si siedono tutti in cerchio intorno al barile, nel quale viene disposto il fantoccio del gennaio che viene fatto bruciare.
Tra il pubblico c’è meraviglia ed eccitazione, espressa attraverso il risuonare dei campanacci, sempre più forte, le urla, il battito di un tamburo. Una volta bruciato il fantoccio più grande, i bambini cominciano a lanciare il proprio fantoccio verso il fuoco, e ad uno ad uno, l’uomo incaricato li fa ardere tutti. I fantocci sono motivo di scherzo, di gioco, di scenette. Alcuni, dopo essere stati cuciti con cura, quel giorno vengono presi a pugni, sbattuti per terra, distrutti prima di bruciarli con grande divertimento.

APPRENDIMENTO E TRASMISSIONE

La trasmissione avviene a livello famigliare grazie al supporto organizzativo dell’oratorio del paese.

COMUNITÀ

Gli attori principali del rituale sono i bambini, accompagnati dalle loro famiglie. La partecipazione è molto sentita e numerosa. Promotore della festa è il gruppo che fa capo all’oratorio del paese, che si incarica di costruire il pupazzo del gennaio e organizza il bruciamento.
I bambini e le famiglie coinvolti sono tutti abitanti di Premana.

AZIONI DI VALORIZZAZIONE

Non si segnala alcuna misura di valorizzazione che estenda la conoscenza del rituale al di fuori dei confini premanesi. Nessuna forma di diffusione turistica è messa in atto. Il rituale si rivolge esclusivamente alla comunità di Premana e ai suoi abitanti.

 

Il Corpus Domini

Nel giorno del Corpus Domini a Premana si svolge una processione partecipatissima. Dopo la messa solenne celebrata nella chiesa parrocchiale dal Vescovo della Diocesi di Lecco, inizia la processione, che si snoda lungo le strette vie in acciottolato della parte vecchia del paese.

Per l’occasione l’intero percorso viene addobbato: ampi drappi di diversi colori vengono appesi alle pareti delle case in modo da ricoprirle totalmente, e in alcuni punti, vengono tesi drappi anche tra una casa e l’altra in modo da chiudere tutto il percorso in una sorta di tunnel. Questa nuova strada viene poi addobbata appendendo ai drappi fiori, rami, immagini sacre, pizzi, rosari, quadri e ricordi di famiglia. In alcuni punti vengono allestiti dei piccoli altari.
Preceduti dal crocefisso sfilano gli stendardi di Sant’Ilario e del Santo Rosario, i Cavalieri del Santo Sepolcro, il Vescovo che porta in mano l’eucarestia coperto da un baldacchino, sacerdoti e chierichetti. Seguono poi la banda, la cantoria ed i ceroferari, con in coda il gonfalone del Comune e le autorità civili. Alla processione partecipano tutti gli abitanti di Premana e anche molte persone dalla Valle e dalla città di Lecco. Le donne, soprattutto le più anziane indossano l’abito tradizionale, ol cotonn, con un fazzoletto bianco che copre loro la testa, lo Strasciool.

APPRENDIMENTO E TRASMISSIONE

La comunità premanese, perfettamente cosciente del valore della sua tradizione, la protegge e la perpetra grazie a forti legami interni.

COMUNITÀ

La processione del Corpus Domini è molto sentita e molto partecipata. Vi prendono parte gli abitanti di Premana, donne e uomini di tutte le età. Sono molti gli emigrati premanesi che tornano in paese per questa occasione, a cui si aggiungono altri abitanti della valle e della città di Lecco.
La comunità prende parte attiva nell’organizzazione della manifestazione soprattutto per l’addobbo delle strade che costituiscono il percorso della sfilata. A gruppetti di due o tre case, fin dal mattino, gli abitanti si organizzano per ricoprire con i drappi le pareti delle case e per sistemare gli addobbi, che vengono rimossi subito dopo il passaggio del corteo.

 

Il Past

Il rito del “past” di Premana è strettamente legato alla tradizione dell’alpeggio. Fulcro della festa è un grande pasto collettivo, consumato all’aperto in montagna durante il mese d’agosto.
Il menù tradizionale del “past”, la cui preparazione è opera rigorosamente maschile, consiste in una minestra di riso, cotto nel brodo di carne (in passato di pecora, oggi perlopiù di manzo). La minestra è preparata nei calderoni di rame, abitualmente utilizzati per la lavorazione del latte. Ogni razione è chiamata “part” ed è sufficiente per cinque o sei persone. Ogni famiglia prenota prima la sua “part” e ne paga un modesto compenso. Una volta pronta la minestra, ogni avventore ritira la sua “part” versata in secchi, scodelle e recipienti di ogni genere che ciascuno ha portato con sé. Il pasto si consuma all’aperto, nell’alpeggio, ed è accompagnato da abbondante vino e altri prodotti dell’alpeggio, come burro e formaggio.


Dopo il pranzo inizia la festa, con l’esplosione dei canti tradizionali che coinvolge tutta la comunità e che dura fino a notte inoltrata. Lo stile, il repertorio e l’importanza che il canto riveste per la comunità premanese ne fanno un caso particolare e unico in tutto l’arco alpino. Al canto partecipano tutti, adulti e bambini, donne e uomini. I canti spontanei e comunitari vengono alternati e si sovrappongono all’esibizione del coro Nives, in un repertorio che comprende canti tipici premanesi, i “tiir”, cui si aggiungono canti di tradizione alpina o di diverso genere.
I past si svolgono in giornate diverse su tutti gli alpeggi attorno a Premana. Tra questi  l’Alpe Barconcelli, l’Alpe Fraina, l’Alpe Deleguaggio, l’Alpe Caprecolo, l’Alpe Rasga, l’Alpe Forni, l’Alpe Chiarino, l’Alpe Premaniga.

NOTIZIE STORICO-CRITICHE

In passato i “past” si organizzavano tra la seconda metà di agosto e l’inizio di settembre, prima della chiusura della stagione del pascolo estivo. Il pasto era consumato verso le ore venti. Pietro Sassu, nel racconto di una visita all’alpeggio nell’estate 1976, scrive: “Nel tardo pomeriggio i più giovani, muniti di mangianastri, trasformano in balera lo stanzone della “casine dei lec” (cascine utilizzate fino al 1930 come dormitorio comune delle ragazze in apleggio), mentre gli adulti, formato un ampio cerchio, iniziavano poco per volta il canto, talvolta inframmezzato da motti e scherzi o dal gioco della morra. La produzione dei canti può esere preceduta da qualche assaggio sui prati nel pomeriggio oppure con la formazione di gruppi che eseguono simultaneamente, in contrapposizione, canti diversi; ma quando arriva la sera viene composto un solo grande coro. Passa in continuazione una ciotola di vino, bevuto a brevi sorsate. Si canta da seduti; soltanto per i tiir più impegnativi ci si alza in piedi, radunandosi al centro della stanza. Col passare delle ore il flusso canoro non subisce interruzioni; i contatti fisici si fanno sempre più stretti, accanto al vino, al canto, alla competitività tra diversi leaders. Dopo mezzanotte la comitiva si assottiglia poco per volta e si scioglie quando l’inizio del nuovo giorno è ormai vicino.” (Pietro Sassu, Il racconto di una cultura, in AAVV, Premana. Ricerca su una comunità artigiana, Mondo Popolare in Lombardia, Silvana Editoriale, Milano, 1979, vol.10, pp.19-20)

COMUNITÀ

In passato i past erano organizzati dalle “Compagnie dei mont”, le compagnie di alpeggio, che radunavano i capifamiglia dei nuclei che coabitavano lo stesso alpeggio.
Oggi gli organizzatori dei past sono associazioni o gruppi locali che ne fanno un mezzo per raccogliere fondi. Vi è il past della Società Sportiva, della Banda Musicale, della Scuola Materna, del Circolo Giovanile, del Coro Nives, etc.
La preparazione del pranzo, oggi come in passato, è compito esclusivo degli uomini, che si dividono i ruoli, coordinati da un capocuoco.
Il rituale del past riveste un’estrema importanza per i premanesi e viene sentito come momento identitario per eccellenza. Un momento in cui la comunità ha modo di rappresentare un’apprezzata immagine di sè che trova qui particolare enfasi (stretta integrazione societaria, capacità di esplosioni ludiche, abilità nel canto, gusto per le cose genuine e semplici).
Anche il past, così come l’intero ciclo rituale, è rispettato e vissuto dai premanesi con orgoglio e forte senso di appartenenza. La partecipazione attiva di tutta la comunità al rituale è particolarmente evidente nel momento del canto, dove a emergere è la collettività nel suo insieme, pur variegato.

 

Il canto tipico: Tìir

Premana, comune montano in provincia di Lecco, si trova in Valsassina, più propriamente nella Val Varrone, a pochi chilometri dalle sponde lecchesi del lago di Como. Nota dalla fine dell’Ottocento per l’artigianato del ferro, è nel corso del XX secolo che avvengono importanti trasformazioni e la specializzazione nella produzione di forbici e coltelli. Premana ha mantenuto estremamente vive le proprie antichissime tradizioni artigianali, religiose e musicali. Queste ultime emergono con vigore in una delle più caratteristiche modalità di canto corale, il tiir. Il tiir, che è lo stile di canto più autenticamente premanese, è strutturato come un impasto di crescente intensità di varie voci maschili e femminili, che ritrova raramente eguali in altre zone d’Italia. Nel tiir non si forma un coro, si forma una integrazione di potenziali solisti. I cantori non sembrano seguire una traccia musicale definita in ogni dettaglio: il prodotto è determinato dalla capacità dei singoli e dal livello di integrazione che possono raggiungere. Il canto collettivo produce polifonia, ma non si canta collettivamente per raggiungere un prodotto polifonico determinato. Di qui l’effetto frastagliato dell’insieme, la difficoltà di individuare continuativamente la melodia conduttrice. L’alternarsi di momenti di integrazione comunitaria e di solitudine produttiva, sono simultaneamente presenti nel canto; la stessa tendenza al canto gridato, del resto, è da intendersi come gesto liberatorio, tendenza all’autoaffermazione, competizione con gli altri. A Premana non possono esserci spettatori-ascoltatori: la pratica polivocale è totalizzante. Quando inizia il canto entrano a far parte del gruppo tutti i presenti. All’interno del gruppo, se il ruolo di “guida” non è dato per scontato si afferma un ruolo di leader con il compito di proporre la successione dei brani e fungere da punto di orientamento, intonando per primo gli incipit della strofa quando ci sono incertezze. Questa funzione di “guida” non limita eventuali iniziative autonome; l’intervento di ciascun cantore non è sempre prevedibile dai compagni di esecuzione. Di solito il leader è di sesso femminile, guarda nel viso gli altri esecutori individuando quelli più impegnati nelle “microvarianti”, gestisce il gruppo seguendo il ritmo del braccio dall’alto verso il basso.

Quando viene raggiunto un soddisfacente livello di integrazione sonora, emergono nel gruppo altre voci che si sostituiscono al leader negli specifici ruoli di proposta di un canto o di intonazione delle strofe. Spetta quasi sempre alle donne il compito di intonare. L’attacco è di norma a una sola voce; poco dopo se ne aggiunge una seconda. Gli uomini, a partire dalla tessitura più acuta, intervengono quando la frase musicale si è già profilata. È molto frequente l’attacco delle voci maschili acute all’unisono con le voci femminili più gravi. I bassi intervengono per ultimi, mentre le voci più acute si sono già assestate sopra la melodia principale. Sostanzialmente, il blocco delle voci femminili e quello delle voci maschili producono gli stessi intrecci polivocali, ovviamente su ottave diverse. Il procedimento ha affinità con il falso bordone ma se ne distacca per l’effetto frastagliato dell’insieme. Il risultato che si tende raggiungere è il riempimento di tutte le intersezioni degli accordi formati nello spazio sonoro, dalla nota più grave alla nota più acuta. Il canto con le sue peculiarità timbriche e stilistiche accompagna e caratterizzaogni evento rituale di Premana. Un esempio riguarda la vigilia dell’Epifania quando, a tarda sera si svolge la più imponente e partecipata delle cerimonie, il canto dei Tre Re. È una processione in cui tre giovani, a cavallo, travestiti da personaggi orientali, percorrono secondo un itinerario tradizionale le vie della parte più vecchia del paese, fermandosi davanti alle case per rendere omaggio e cantare alcune strofe di un canto che rievoca le vicende dei Re Magi. La folla di spettatori si unisce in ruolo attivo al canto e centinaia di voci si uniscono immediatamente alle parole intonate dai Tre Re. L’atteggiamento tenuto dalle persone è profondamente diverso da quello abituale nelle altre occasioni di canto. Non si formano cerchi di uomini e donne che si tengono con un braccio sulla spalla per inglobare ognuno dei presenti: in questo caso tutti cantano immobili rivolti verso i Tre Re. Altri importanti momenti di canto collettivo si manifestano durante la permanenza negli alpeggi. Un particolare rilievo assume il past, il banchetto che conclude la permanenza in alpeggio. Per questa occasione a Premana è eseguito un particolare canto ‘Ol bando’: si tratta di un congedo, di un arrivederci rituale alla stagione successiva. Un’altra ricorrenza nel repertorio premanese è il canto che viene eseguito per gli sposi, il Matiné. L’esecuzione del Matiné è legata a un’occasione-funzione ancora viva e operante. Si canta sotto la finestra degli sposi al termine dei festeggiamenti. E’ un canto a carattere augurale, e fa esplicito riferimento ai figli futuri. A volte una parte del gruppo si sofferma a cantare prolungando la veglia in una casa. Un solista (di solito una donna) intona una strofetta costruita con immagini stereotipate e alcuni rifìerimenti alla coppia di sposi; il coro intona un refrain simile a quello adottato nelle ninne nanne. La tradizione premanese comprende anche canti natalizi, alcuni canti processionali per la Settimana Santa, l’intonazione del Vespro della Madonna e alcuni Inni in latino e in italiano. Tutto il resto dell’imponente corpus musicale (alcune ballate e numerosi canti di argomento prevalentemente amoroso) emerge negli incontri comunitari.

APPRENDIMENTO E TRASMISSIONE

La partecipazione dell’intera comunità, e soprattutto delle donne, assolve alla funzione di mantenimento e trasmissione della pratica polivocale premanese. Le donne sembrano essere il tramite della divulgazione dei canti e le garanti nella conservazione dei repertori musicali tradizionali. La partecipazione dei giovani agli eventi rituali, che prevedono momenti collettivi di canto in funzione, garantisce, non solo la trasmissione del rito ma anche quella del canto.

COMUNITÀ

L’intera comunità di Premana partecipa alle occasioni di canto collettivo che si creano nel complesso ciclo dei rituali premanesi. La pratica polivocale è totalizzante e la forte coesione che si manifesta nel canto collettivo è in questo senso espressione comunitaria. Il canto unisce, la pratica del canto corale è manifestazione di un’intera comunità.

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