13/11/2018 INTERVISTA AD ANTONIO BELLATI E RICCARDO BELLATI, CHE RINGRAZIAMO, ULTIMI AD AVER FATTO IL CARBONE A PREMANA,
Nel 1974, con la conoscenza dei genitori, hanno cominciato a fare il carbone durante le ferie alla Rasga e precisamente nella valle di Marmino.
Avevano bisogno di carbone dolce da usare nelle loro botteghe artigianali di forbici.
Qui di seguito i loro ricordi:
I genitori facevano i carbonai sotto la ditta Sanelli. Le grandi aziende, Sanelli e Italicus fin verso il 1950 avevano dipendenti che facevano i carbonai.
La legna migliore onisc/ontano per un carbone più dolce, fòo/faggio per uno più forte, il carbone di faggio scalda maggiormente.
Le Jàal, ovvero le terrazze pianeggianti che numerose si trovano nel territorio premanese, hanno il nome in base al nome del carbonaio che le utilizzava usualmente o dal primo carbonaio che li ha fatto il carbone.
Per il taglio della legna da utilizzare era necessaria l’autorizzazione comunale.
Gli ultimi Pojàt ricordati sono stati fatti negli anni 45/46, rimase il Pomi di Casargo che iniziò negli anni 60 e lavorò fino agli anni settanta.
I Bellati, come detto, ripresero nel 74.
Si ricorda che la legna usata poteva anche essere tagliata lontano dalla Jàal, poi veniva portata.
Età legna: invecchiata e un pò grossa, una volta la tagliavano con la scure, non con la sega, perchè si diceva non producesse più il rebutto, la ricrescita, una volta tagliata al pè, cioè tagliata al piede. Poi veniva ritagliata col seghetto.
PREPARAZIONE JÀAL
PULIZIA Il primo passo è la preparazione della Jàal, pulirla per bene, livellarla, togliere i sassi. Se oramai è a prato, togliere il cespo, cribbiare la terra per togliere i sassi, preparare la terra.
CARGÀ LA JÀAL. Ovvero portare tutta la legna attorno la carbonaia, così è a portata di mano.
POSIZIONAMENTO PÈRTEGHE. Posizionare una pertica al centro della carbonaia e metterla a piombo, così anche la caséle sarebbe stata a piombo. Sotterrare un Crocefisso in legno, che non bruciava mai. La pertica era al centro di 4 picchetti di riferimento entro cui fare il Pojàtt.
CASÉLE. Fare la caséle ovvero il camino centrale con legna spaccata ed intrecciata. poi attorno usualmente dò völt de legne, due giri di legna. La ölte de sóre e la ölte de sót, la parte più grossa del pezzo di legna sempre in basso.
IMPATÜSCIÀ. Dopo aver messo tutta la legna si incomincia a Impatüscià ól Pojàtt, cioè a coprirlo con foglie e muschio che va benissimo perchè non brucia, e comunque va bene tutto quello che il bosco mette a disposizione.
IMPERMEABILIZZAZIONE. Si ricopre il tutto con terra umida lisciata con il badile. cosi facendo si impermeabilizza il Pojàtt che trattiene al suo interno il calore. Bisogna sempre sorvegliare che la terra rimanga a posto e risistemarla se necessario.
SCÉŚE. Creare una scéśe o riparo tutt’attorno di circa 50 cm. formata da rami e paletti per frenare la terra che scende.
4 BÓCOL. Creare 4 bocche affinchè l’aria aiuti la combustione
Si toglie la pertica nel momento dell’accensione.
ACCENSIONE
Preparare una brace che si mette nel camino, preparare anche pezzetti di legna secchi in gergo detti gnòch/gnocchi. Questi vengono aggiunti, e quando il tutto è ben acceso il camino si riempie di gnocchi, si ottura e si copre con terra.
Si creano ulteriori piccoli buchi con la punta di una pertica, si inzia dall’alto verso il basso a distanza di 70 cm.
Comunque per tutto il primo giorno bisogna dar da mangiare gli gnocchi, aggiungerne a quelli bruciati.
CURA DEL POJÀTT
Le 4 bocche più grandi danno aria, i fori più piccoli fanno passare il fumo.
Se il Pojàtt fatica a braciare si fa qualche canón/ letteralmente cannone. Ovvero buchi in verticale per dare aria al tiraggio.
In caso di temporale o breva è facile che il Pojàtt braci solo da una parte; ÓL POJÀTT AL MÀJE DAN CÒO. In questo caso si toglie la terra, si mettono boréi/ bei pezzi di legna che impiegano tempo a braciare e si ricopre.
La pioggia non incide sul carbone, però la Jàal l’à s’à mighe da impozzà, la Jàal non deve allagarsi.
La terra usata per coprire il Pojàtt è quella presente nella Jàal che assorbendo il carbone diventa unta, quasi catrame, per questa ragione si impermeabilizza.
All’interno la legna inizia a braciare dall’alto, il fumo all’inizio è bianco, quando esce azzurro da tutti i buchi significa che il carbone è cöcc, cotto, cioè pronto.
Quando il carbone è cotto fino in fondo si dice: L’È FÒ DAL PÈ quando il fumo azzurro esce dal piede del Pojàtt, dalla parte inferiore. Segno che all’interno tutta la legna è diventata carbone.
Si toglie la scéśe, il riparo e si otturano tutti i buchi. Si lascia così spegnere per qualche giorno.
Poi si separa il carbone dalla terra col rastrello.
Il carbone ottenuto viene raccolto in una bazze/ sacco tagliato ad una estremità poi versato in una bisàche/ bisaccia, legata all’estremità coi cavìcc/tasselli, pezzetti di legno di nocciolo su cui viene scritto il peso del sacco pesato sulla stadera.
Si possono unire due sacchi pieni di carbone e legati fra loro, in questo caso si dice peso cóbie ovvero peso a coppia.
I portatori dei sacchi di carbone erano sopratutto donne, tante di Pagnona, venivano pagate in base al peso portato.
Si ricorda di una donna di Premana morta nel Petàsc portando carbone, camminando sulla copertina della strada un sasso ha ceduto facendola cadere.
CURIOSITA’
Guardando all’interno della carbonaia si vede tutta la legna accesa, un bracere unico, il caldo interno raggiunge i 500 gradi e cuoce la legna, la disidrata. Si narra di un carbonaio sportosi troppo e caduto all’interno del camino, di lui hanno ritrovato solo ÓL FÈER DE LA FÒLC, il ferro legato alla cintura a cui veniva appesa la roncola.
Se il Pojàtt è andato bene si ricava il 20 % di carbone rispetto alla legna usata.
A Premana quando molti facevano il carbonaio, se la legna era scomoda si tiravano le corde / teleferiche. La corda usata dai boràt/ boscaioli era formata da 7 corde da sciargnóon/ fieno selvatico. Anche per avvicinare il fieno selvatico si usavano le teleferiche.
FERRI DEL MESTIERE
Pertica
Crocefisso
Forini per buchi, tipo manico di badile con punta
Badile, rastrello, scala, sacchi, bisacce e teloni che si possono appende attorno al Pojàtt/ carbonaia per bloccare l’aria.
DURANTE QUESTA INTERVISTA SONO EMERSI ANCHE I SEGUENTI RICORDI:
Antonio Bellati ricorda che sua mamma Caterina raccontava che il primo nucleo abitato in territorio di Premana era in località Calegiöl sopra la Rasga, ed è stato abbandonato dopo che una frana staccatesi dai dirupi sovrastanti distrusse le case, forse attorno all’anno Mille. La gente si spostò dove sorge ora il paese di Premana.
Si rammenta anche dól Giargiöol véc de Fraine, la cappellina vecchia di Fraina che non c’è più ma si ricorda la posizione.
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