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Filatura con rocca e fuso da P. Scheuermeier: Il lavoro dei contadini, Longanesi, Milano 1996

Arcolaio e aspo da P. Scheuermeier: Il lavoro dei contadini, Longanesi, Milano 1996

Filatoio verticale

 

 

 

 

Le matasse così ricavate venivano attorcigliate a treccia.
A questo punto la canapa era pronta per la filatura
. Quindi venivano filate con una roche (rocca)  e füs (fuso) o con il filarél (filatoio orizzontale o verticale) . A questo punto il filato era cotto a lungo con la cenere e  disteso al sole ad asciugare; dopo questo procedimento il filo prendeva il caratteristico color bianco e diventava assai più chiara  e più morbida, pronta quindi per la tessitura. 
Lavate ed asciugate, le matasse erano ridotte con  la badèrle (l'arcolaio) in gomitoli pronti per essere portati al telaio. Ma prima di passare al telaio occorreva preparare l'ordito, ol ordì, cioè la stesura dei fili intrecciati sul telaio in senso verticale. Per questa operazione era necessario  l'orditòor, l'orditoio, un strumento che permetteva di preparare l'ordito. Preparato l'ordito, questo era sottoposto all'operazione chiamata imbosmà, che consisteva nel passarci sopra una particolare pasta di crusca e sugna di maiale, la bozzima, che rendeva i fili più elastici e resistenti. A questo punto si procedeva a ol trâ ént con la spoleta, cioè al completamento del tessuto con fili orizzontali. 
Dalla tessitura al telaio, curato all'interno dei nuclei familiare, si otteneva una tela che era larga circa 60 centimetri e lunga fino a 40 metri (pezze). Con la canapa come ordì  e la lana come ol tra dent si tesseva il mézzalan, un tessuto robusto usato per il vestidél, per i calzoni e per le coperte.  La tela,  lavata e sbiancata ed esposta al sole per parecchi giorni, era anche adatta per confezionare lenzuola, biancheria e tessuti per la casa. Per la tintura, soprattutto del
mézzalan, la stoffa era portata al terciorii, che si trovava prima a Margno e poi a Introbio.