Il castagno

Il castagno è nome comune di una serie di alberi caducifogli appartenenti alla famiglia delle fagacee e conosciuti per i loro deliziosi frutti commestibili. Il castagno comune, di origine eurasiatica e nord africana è molto diffuso in Italia, dove forma castagneti secolari. Raggiunge i 30 metri d’altezza e il tronco può misurare fino a 2 di diametro. Oltre che per i frutti, esso viene anche coltivato per il suo legno resistente e leggero. Gli alberi di castagno sono sensibili all’attacco da parte dei funghi patogeni, responsabili di 2 gravi malattie: il cancro del castagno e il mal dell’inchiostro. Importato dall’Asia attorno al 1904, il mal dell’inchiostro da allora ha sterminato quasi tutti gli alberi di castagno degli Stati Uniti, che erano il segno distintivo del passaggio delle foreste nord e centro orientali. Le foglie sono grandi e a margine dentato, mentre i fiori maschili sono raccolti in amenti eretti, mentre quelli femminili sono riuniti in gruppi di 1-3 e si trovano all'estremità dei rami dell'anno. I frutti sono avvolti a maturità da un involucro spinoso, detto riccio all'interno della quale si sviluppano da uno a tre frutti commestibili rivestiti da una buccia marrone. La castagna é stata sempre un alimento fondamentale per le popolazioni della montagna. Era considerata una primaria fonte di vita e di reddito tanto che, era chiamata, "pane dei poveri". Nelle famiglie contadine, veniva consumata, dopo aver subito un processo di essiccazione, come pranzo al posto del solito pane di segale; a volte si mangiava a merenda e, in questo caso, il ragazzo e l’adulto avevano una razione di pane ridotta. Il castagno era considerato quindi come molti altri alberi da frutto: veniva innestato e potato regolarmente, si ripulivano le piante del sottobosco che avrebbero potuto danneggiarlo, si estirpavano le erbacce, il terreno veniva pulito, concimato, e falciato con cura. Si utilizzavano semplici attrezzi per lavorare la selva, cioè i boschi di castagni: il rastrello, la falce, la scopa realizzata con ramoscelli di betulla. Se gli alberi si trovavano su terreni ripidi, per favorire la raccolta delle castagne si preparavano, in fondo alla selva, delle siepi con fascine di legna e questo per permettere alle castagne cadute di raccogliersi e non rotolare troppo in basso o disperdersi lungo i pendii o di non rotolare in proprietà altrui. La raccolta delle castagne iniziava solitamente tra la fine di settembre e la prima settimana di ottobre e continuava fino a novembre. Al proprietario della selva spettava il raccolto e, tutta la sua famiglia era impegnata nel lavoro. La raccolta doveva avvenire scrupolosamente nella propria selva. Solo dall'undici di novembre era libera e le selve erano aperte al bestiame e alla libera raccolta. Le persone munite di cesti e sacchi raccoglievano castagne ovunque ne trovassero; era consentita la spigolatura delle castagne nelle selve e nei prati. Nel periodo della maggior caduta i contadini si recavano due o più volte al giorno nella selva: facevano questo lavoro per 15 giorni o tre settimane. Le donne avevano un piccolo sacco che legavano alla vita e quando era piena la svuotavano nella gerla. Ai ragazzi spesso veniva assegnato il compito di raccogliere le castagne: essi si recavano nelle selve muniti di ceste (cavagnööl) al mattino, prima di andare a scuola, e al pomeriggio dopo le quattro, finite le ore di lezione. Durante questo lavoro, molti ricci si aprivano da soli. Quelli che rimanevano chiusi si battevano con l’aiuto di del picarööl Alla fase della raccolta seguiva una seconda importante operazione che era quella dell'essiccazione . In questa come in altre zone, le castagne venivano consumate subito bollite o cotte sul fuoco con la padèle del buur. Quelle che non venivano consumate subito erano fatte essiccare sui solai ben arieggiati oppure nel metato, la graa. La graa era una piccola baita (o un pezzo di baita) in apparenza come tante intorno, con un alto locale diviso a metà da un pavimento formato da un graticcio, di qui il nome graa, sul quale era posto un grosso strato di castagne che raggiungeva 30/40 cm di spessore. L’essiccamento avveniva in questo modo: nella parte inferiore del locale c’era un braciere dentro il quale si mettevano a bruciare grossi ceppi mescolati alle bucce secche delle castagne dell’anno precedente. Tutto questo provocava una gran quantità di fumo che all’inizio faceva "sudare" le castagne e poi le faceva seccare. Era un'operazione piuttosto difficile perché occorreva girare spesso i frutti per non farli seccare troppo. Il fuoco inoltre doveva funzionare regolarmente e produrre fumo per dare alle castagne il giusto aroma. Se si sviluppava una fiamma troppo alta le castagne seccavano; se, al contrario, il calore era troppo scarso, le castagne non essiccavano bene e rischiavano di ammuffire nel corso dell’inverno. Ci volevano sempre 20/30 giorni per farle asciugare bene. Alcune persone, quelle che ne avevano tante, le facevano seccare subito impiegando un mese, un mese e mezzo perché dovevano poi metterne altre. Dopo l’essiccatura le castagne o erano battute subito o si lasciavano nella graa fino a primavera. Dopo circa un mese si procedeva alla battitura delle castagne tolte dalla graa. Radunati intorno ad un grande ceppo o vicino ai gradine della abitazione, i proprietari delle castagne cominciavano ad infilarle in speciali sacchi de tele de ca, tessuti appositamente con canapa grossa affinché fossero più robusti possibile. Erano stretti e lunghi 60/70 centimetri, si riempivano a metà poi, uno per mano, venivano battuti sul ceppo o sui gradini con movimenti ritmici da tutti i partecipanti. Dopo una decina di minuti i sacchetti venivano svuotati e si procedeva all’altra importante operazione: la vagliatura. Con il val, una specie di largo ventaglio di legni intrecciati, venivano eliminate le bucce con un’operazione faticosa e monotona. Altre donne intanto rammendavano i sacchetti di canapa che, nonostante la loro robustezza, si rompevano spesso. Terminata l’operazione di vagliatura doveva presentarsi senza la pellicina che avvolge i frutti e questo significava che il lavoro era stato fatto bene. Ma non sempre si usava battere le castagne con i sacchetti di tela di canapa. A volte si usava un grosso ceppo di castagno scavato al centro a mo’ di mortaio: il pesta castegn. Le castagne venivano quindi pestate con un apposito pestello, in fondo al quale erano conficcati dei chiodi che servivano appunto a rompere il guscio delle castagne. Terminata la battitura le castagne si passavano quindi al ventilabro, mulinel, o vagliate con il val. Il vaglio veniva usato dalle donne che, con abilità, lo agitavano con brevi e rapidi movimenti ritmici in alto e in basso, a destra e a sinistra. Dopo la vagliatura seguiva un’ultima operazione: la cernita La cernita era l'ultima operazione eseguita, in genere, dalle donne. Le castagne venivano passate in appositi setacci a trame differenti per ripulirle definitivamente dai residui; inoltre si toglievano quelle marce o intaccate dal verme che venivano date ai maiali o, bollite, alle mucche. C'erano poi quelle che avevano ancora il guscio o la pellicina interna e dovevano perciò essere battute un'altra volta. Infine si mettevano da parte, riposte in apposite cassapanche, quelle bianche e grosse. Anche queste erano divise in due parti a seconda della pezzatura in quanto quelle più grosse impiegavano più tempo a bollire.